Gamofobia: quando la paura dell’impegno spaventa più di un film horror
- La gamofobia è la paura intensa e persistente dell’impegno affettivo e del matrimonio
- Può derivare da traumi familiari, esperienze sentimentali negative o predisposizione genetica
- I sintomi vanno dall’ansia cronica agli attacchi di panico, ostacolando relazioni stabili
- Può essere associata ad altre fobie come filofobia e pistantrofobia, rendendo la vita sentimentale complicata
- Si affronta con terapie come la cognitivo-comportamentale e la desensibilizzazione graduale
Non tutti sognano l’abito bianco e il “per sempre”. Per alcuni, l’idea di un futuro condiviso scatena brividi che nulla hanno a che vedere con la passione. Si chiama gamofobia ed è un disturbo d’ansia che riguarda la paura profonda dell’impegno affettivo. Il nome deriva dal greco “gamos” (matrimonio) e “phobos” (paura), ed è tutto un programma.
Chi soffre di gamofobia può sentirsi oppresso davanti alla prospettiva di una relazione stabile, con sintomi che spaziano dall’irrequietezza all’ansia cronica, fino agli attacchi di panico. In altre parole, l’idea di un legame duraturo fa scattare un campanello d’allarme interiore che spinge più alla fuga che alla convivenza.
Relazioni difficili e paure nascoste: le origini della gamofobia
Le origini di questa fobia non sono sempre chiare, ma spesso affondano in esperienze dolorose. Un divorzio vissuto nell’infanzia, una relazione finita male o dinamiche familiari complicate possono alimentare la paura dell’impegno. E quando la memoria emotiva non collabora, il risultato è un rifiuto automatico di qualsiasi prospettiva a lungo termine.
In alcuni casi entra in gioco anche la genetica: chi ha parenti con disturbi d’ansia potrebbe essere più predisposto a sviluppare gamofobia. La condizione colpisce uomini e donne, ma sembra più frequente tra le donne, forse perché socialmente più esposte alle aspettative legate al matrimonio.
Gamofobia e altre fobie affettive
Come se non bastasse, la gamofobia non ama stare sola. Spesso è accompagnata da altre paure relazionali, come la filofobia (paura dell’amore in sé) o la pistantrofobia (paura di fidarsi del partner). Un trio che rende la vita sentimentale più complicata di una trama di telenovela.
Questo intreccio di fobie rende difficile costruire relazioni autentiche: ogni gesto affettuoso può sembrare una minaccia e ogni promessa una trappola. Risultato? Una continua altalena tra desiderio di vicinanza e paura di perdersi in un impegno che sembra insostenibile.
Diagnosi e terapie possibili
Non esiste un test rapido per capire se si soffre di gamofobia. Serve una valutazione clinica attenta da parte di uno specialista che possa distinguere tra semplice indecisione e vera fobia. La buona notizia è che ci sono terapie efficaci per affrontarla e ridurre l’impatto sulla vita affettiva.
La terapia cognitivo-comportamentale è una delle più usate: aiuta a riconoscere i pensieri distorti che alimentano la paura e a sostituirli con strategie più funzionali. La desensibilizzazione sistematica, invece, lavora con un’esposizione graduale agli stimoli ansiogeni, trasformando l’idea di impegno da incubo a possibilità gestibile.
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Dalla fuga al cambiamento
Superare la gamofobia non significa correre subito verso l’altare, ma imparare a non vivere ogni legame come una condanna. Riconoscere la fobia è il primo passo, affrontarla con un percorso terapeutico è il secondo. E chissà, magari con il tempo l’idea di condividere la vita con qualcuno smetterà di sembrare un film horror e inizierà ad assomigliare di più a una commedia romantica, con meno ansia e più leggerezza.

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