Il poliziotto che fingeva di fare smart working premendo ripetutamente il tasto “z”

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Il poliziotto che fingeva di fare smart working premendo ripetutamente il tasto “z”

| 23/07/2025

Smart working o finta? Il poliziotto del tasto “z” smascherato

  • Un agente di polizia inglese ha finto di lavorare da casa premendo il tasto “z”
  • L’attività era simulata su un file Word vuoto per sembrare operativo
  • Il sistema ha rilevato un’anomalia nei dati e ha fatto partire i controlli
  • L’uomo ha causato oltre 100 ore di lavoro perse
  • È stato giudicato colpevole di negligenza e non potrà più lavorare nella polizia

 

In tempi di smart working, è normale che i datori di lavoro si affidino a sistemi per monitorare l’attività dei propri dipendenti. Quello che non è normale è trovare qualcuno che pensi di battere il sistema… premendo un solo tasto. È il caso dell’agente Liam Reakes, ex poliziotto del Somerset, che ha deciso di “lavorare da casa” nel modo più creativo (e inutile) possibile: premendo ripetutamente la lettera “z” sulla tastiera del suo computer.

Non si tratta di una gag da sitcom, ma di un caso reale finito sotto esame della commissione disciplinare di polizia britannica. Il protagonista ha usato questa brillante trovata per mesi, nel tentativo di risultare attivo mentre in realtà non stava portando avanti alcuna attività concreta. Il risultato? Più di 100 ore di lavoro perse e una brillante carriera conclusa con una tastiera monotematica.

Finta produttività e vera negligenza

Secondo quanto emerso dall’indagine interna, il comportamento anomalo dell’agente Reakes è stato scoperto grazie a un report automatico. I sistemi informatici dell’ufficio hanno infatti rilevato un numero di battute insolitamente alto rispetto alla media degli altri colleghi. Un piccolo dettaglio che, a confronto con la scarsissima quantità di pratiche completate, ha acceso più di un campanello d’allarme.

L’agente, chiamato a spiegare la singolare attività, ha ammesso di aver utilizzato un documento Word vuoto per digitare a intervalli regolari la lettera “z”. Secondo la sua versione, però, non si trattava di un tentativo di ingannare il sistema. Peccato che la commissione disciplinare non l’abbia trovata una giustificazione convincente.

Il caso Reakes e la fiducia tradita

Liam Reakes si era già dimesso prima della conclusione dell’indagine, ma questo non gli ha evitato l’inserimento nella lista nera dei candidati non idonei a lavorare nelle forze dell’ordine. Secondo il sovrintendente detective Larisa Hunt, l’agente aveva già ricevuto il supporto di un tutor per difficoltà lavorative evidenti prima ancora che venisse scoperta la “truffa da tastiera”.

Il comportamento è stato definito come un atto grave e deliberato, in netto contrasto con i valori del servizio pubblico. La fiducia della comunità e dei colleghi è stata compromessa da una condotta che, oltre a essere poco etica, ha rappresentato una perdita concreta di tempo e risorse per l’intero corpo di polizia.

Z come zero tolleranza

Il caso dell’agente Reakes riapre una riflessione sul controllo dei dipendenti in smart working, ma anche su come alcune scorciatoie possano portare dritto al licenziamento. Usare un singolo tasto per simulare un’intera giornata lavorativa non solo è inefficace, ma lascia tracce facilmente individuabili, come dimostrano i dati raccolti.

Le forze dell’ordine britanniche hanno voluto sottolineare che comportamenti di questo tipo non verranno più tollerati, proprio per rispetto a chi svolge il proprio dovere ogni giorno con impegno reale, anche da remoto. In un mondo del lavoro sempre più ibrido, la trasparenza resta fondamentale, anche se lo schermo può far pensare il contrario.

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Smart working e senso del dovere

L’episodio dimostra come il confine tra flessibilità e abuso possa diventare molto sottile. Premere il tasto “z” non è mai stato sinonimo di produttività, ma in questo caso è diventato il simbolo di una scarsa etica professionale. Il lavoro a distanza richiede fiducia, responsabilità e capacità di autogestione. Quando mancano questi elementi, nemmeno il miglior software di monitoraggio può salvare la situazione. E se qualcuno sperava che una semplice lettera potesse fare tutto il lavoro al posto suo, ha appena scoperto che “z” può significare solo una cosa: fine dei giochi.

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