La profezia di Heinz von Foerster e il 13 novembre 2026: ci toccherà davvero?

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La profezia di Heinz von Foerster e il 13 novembre 2026: ci toccherà davvero?

| 20/06/2025

13 novembre 2026: la profezia di Heinz von Foerster che (forse) non ci schiaccerà

  • Heinz von Foerster ha previsto nel 1960 un collasso globale per il 13 novembre 2026
  • La previsione si è basata su modelli matematici legati alla crescita demografica
  • La frase “saranno schiacciati a morte” ha segnalato un possibile collasso sistemico
  • I tassi di crescita della popolazione si sono ridotti, ma le risorse restano sotto pressione
  • La data è diventata un simbolo per promuovere sostenibilità e scelte politiche consapevoli

 

Nel 1960, il fisico e filosofo austro-americano Heinz von Foerster si è preso la briga di fare i conti per tutti. Con carta, penna e un discreto numero di formule matematiche, ha pubblicato sulla rivista Science un articolo dal titolo che non lasciava spazio a fraintendimenti: “Doomsday: Friday, 13 November, A.D. 2026”. Un venerdì 13, per giunta. Lì ha proposto un modello che descriveva la crescita esponenziale della popolazione umana, lanciando l’allarme su un possibile punto di non ritorno: non una pioggia di meteoriti, ma un bel collasso sistemico dovuto all’incapacità delle infrastrutture globali di reggere il peso – letterale – dell’umanità.

La sua frase simbolo, ancora citata nei convegni di sociologia e nei post Facebook più cupi, è stata: “I nostri pronipoti non moriranno di fame. Saranno schiacciati a morte.” Un’iperbole, certo, ma non del tutto infondata: von Foerster non prevedeva eventi apocalittici alla Hollywood, ma una crisi silenziosa generata da sovrappopolazione e scarsità di risorse. Il modello su cui si è basato, battezzato “Peoplo-stat”, suggeriva politiche di regolazione demografica, come il controllo delle nascite e incentivi per le famiglie con meno figli. Un’idea che ha fatto storcere il naso a molti, ma che ha sollevato discussioni ancora oggi valide.

Crescita demografica e limiti planetari: chi ha frenato e chi ha accelerato

Nel 1960 il mondo contava poco più di 3 miliardi di persone. Nel 2022 si è arrivati a superare gli 8 miliardi, ma la buona notizia – sì, c’è anche quella – è che la curva di crescita ha cominciato a rallentare. In alcune aree del mondo, l’invecchiamento della popolazione ha addirittura invertito la tendenza. Questo però non ha risolto il problema alla radice: la pressione sulle risorse naturali è rimasta alta, così come gli effetti del cambiamento climatico e le disuguaglianze sociali.

Nel frattempo, i consumi sono aumentati. La media di superficie abitativa per persona nei paesi industrializzati ha raggiunto i 40 metri quadrati. Le emissioni di CO₂, secondo stime del 2024, hanno continuato a salire in molte economie emergenti. E nonostante gli allarmi lanciati da studiosi, conferenze e attivisti, gli investimenti in energie rinnovabili hanno faticato a tenere il passo. Nel 2023, l’Europa ha stanziato 65 miliardi di euro, una cifra che suona bene ma che, se confrontata con gli 1.500 miliardi di euro spesi globalmente per i combustibili fossili, ha ricordato molto un cerotto su una frattura.

Un’occasione per cambiare (con un po’ di ritardo)

Von Foerster non ha mai parlato di fine del mondo, ma di un’opportunità per cambiare rotta. La sua profezia, fissata sul calendario per il 13 novembre 2026, è diventata una data simbolica per riflettere su dove si sta andando. E no, nessuno ha previsto piogge di rane o invasioni aliene, ma solo un invito a ripensare il modello di sviluppo. Tecnologie verdi, politiche per la giustizia sociale e programmi di educazione ambientale sono stati indicati come strumenti chiave per evitare il “collasso”.

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L’idea è semplice: se non si vuole essere “schiacciati”, forse è il caso di alleggerire un po’ il carico. Magari iniziando da un consumo più consapevole, da trasporti meno inquinanti (una bicicletta, anche elettrica, occupa meno di 2 metri) o da scelte politiche più lungimiranti. In fondo, il messaggio di von Foerster non è stato quello di preparare i bunker, ma di prepararsi a pensare. E se il 13 novembre 2026 dovesse passare come un giorno qualsiasi, tanto meglio: vorrebbe dire che, almeno in parte, la lezione è servita.

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