Quando il corpo puzza di pesce: la trimetilaminuria e il suo profumo poco glamour

Puzzi di pesce? Tutta colpa della trimetilaminuria

 

Chi dice che la genetica non abbia senso dell’umorismo, probabilmente non ha mai sentito parlare della trimetilaminuria, nota anche come sindrome dell’odore di pesce. E no, non è il nome di una nuova fragranza gourmet, ma una condizione medica piuttosto scomoda. Rara, sì, ma quando colpisce, si fa notare. E annusare.

Questa malattia genetica è causata da una mutazione del gene FMO3. In pratica, l’enzima incaricato di neutralizzare la trimetilammina – una sostanza prodotta durante la digestione – decide di fare sciopero. Risultato? La trimetilammina, che normalmente dovrebbe sparire senza fare rumore (né odore), resta lì. E trova tutte le vie d’uscita possibili: sudore, urina e perfino respiro. Il profumo? Quello inconfondibile del pesce andato a male. Altro che eau de toilette.

Trimetilaminuria: quando l’odore diventa un problema sociale

La trimetilaminuria non è pericolosa per la salute fisica, ma lo è per quella sociale. Chi ne soffre spesso evita incontri ravvicinati del terzo tipo, ascensori, uffici open space e ogni altro contesto dove l’olfatto umano può fare danni. Il disagio è reale, così come l’isolamento, i problemi di autostima e i risvolti psicologici.

Le donne sembrano essere più colpite, forse per via di estrogeni e progesterone che, si sa, amano complicare un po’ tutto. Gli episodi possono intensificarsi in certi periodi del ciclo mestruale, durante la gravidanza o l’assunzione di contraccettivi ormonali. Come se non bastasse dover pensare a tutto il resto.

Sintomi e gestione: quando la dieta vale più del deodorante

Non esiste una cura definitiva, ma si può fare molto per gestire la situazione. In primis, la dieta: dimenticatevi uova, fegato, pesce e legumi. Sì, anche le lenticchie, che sembrano innocue ma in realtà sono cariche di colina, la sostanza madre della temibile trimetilammina.

Poi ci sono gli antibiotici, che possono ridurre i batteri intestinali responsabili della produzione di TMA. E per completare il kit di sopravvivenza: saponi acidi, prodotti topici e una buona dose di autoironia. Anche il supporto psicologico può essere fondamentale, soprattutto quando la battuta più frequente è “cosa bolle in pentola?”.

Malattia rara ma reale: numeri e incomprensioni

La sindrome colpisce tra 1 su un milione e 1 su 200.000 persone. Insomma, non è dietro l’angolo, ma esiste. E chi ne soffre spesso si trova a dover spiegare che no, non è questione di igiene. Lavarsi cinque volte al giorno può non bastare, perché il problema è metabolico, non nasale.

Purtroppo, si tratta di una condizione ancora poco conosciuta. In tanti la scoprono dopo anni di incomprensioni, visite mediche inutili e profumi finiti nel cestino. Il ritardo nella diagnosi è frequente e il disagio, nel frattempo, cresce. Anche per questo parlarne è fondamentale.

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Trimetilaminuria: una puzza da normalizzare

Sdoganare una malattia come la trimetilaminuria non è facile, ma è necessario. Perché dietro l’odore c’è una persona che spesso ha già provato tutto per migliorare la propria condizione. Ridere può aiutare, ma non deve diventare una scusa per banalizzare. E quindi sì, la sindrome dell’odore di pesce esiste davvero. Non fa ridere chi ne è affetto, ma può insegnarci qualcosa: non sempre ciò che sentiamo è quello che pensiamo. E no, stavolta il pesce non c’entra.

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