La rock band generata dall’AI ottiene oltre 1 milione di ascoltatori su Spotify in due settimane

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La rock band generata dall’AI ottiene oltre 1 milione di ascoltatori su Spotify in due settimane

| 04/09/2025
Fonte: Instagram

La band generata con l’intelligenza artificiale sbanca su Spotify

  • La band The Velvet Sundown è stata creata interamente con l’intelligenza artificiale
  • In sole due settimane ha superato 500.000 ascoltatori mensili su Spotify
  • Ha già pubblicato due album e il terzo è in arrivo
  • I membri della band non esistono al di fuori del profilo Instagram
  • Il progetto è dichiaratamente artificiale, ma guidato da creatività umana

 

C’erano una volta le rock band sudate, le jam session infinite in garage, le notti insonni tra accordi storti e sogni di successo. Poi è arrivata The Velvet Sundown, che ha bruciato ogni tappa. Nessun tour, nessuna birra calda, nessun litigio per la batteria rubata. Solo algoritmi ben addestrati, qualche prompt azzeccato e il supporto creativo di qualche umano dietro le quinte.

Nata apparentemente dal nulla, questa band psichedelica ha debuttato su Spotify appena due settimane fa e vanta già oltre 500.000 ascoltatori mensili. Un successo che farebbe impallidire molte band in carne e ossa. E no, non stiamo parlando di una trovata di marketing: i membri della band semplicemente non esistono (almeno non nel senso tradizionale del termine).

Band AI su Spotify: rivoluzione o provocazione?

I nomi dei componenti – Gabe Farrow, Lennie West, Milo Rains e Orion “Rio” Del Mar – sembrano usciti da una sceneggiatura nostalgica degli anni ’70, ma nessuno è mai riuscito a trovarli al di fuori del profilo Instagram della band, creato alla fine di giugno 2025. Lì, tra immagini chiaramente generate da AI e post volutamente ambigui, si costruisce l’identità del gruppo.

Il dubbio sull’autenticità ha portato molti utenti a scavare più a fondo. Il risultato? Una dichiarazione pubblica dei creatori: The Velvet Sundown è un progetto sintetico, frutto della collaborazione tra creatività umana e intelligenza artificiale. Una provocazione, certo, ma anche una sfida lanciata al mondo musicale, dove autenticità e tecnologia iniziano a intrecciarsi in modi sempre più insoliti.

Successo AI su Spotify: l’algoritmo funziona

Il brano più ascoltato della band, Dust on the Wind, ha superato 500.000 riproduzioni, entrando in playlist popolari come Vietnam War Music e Good Mornings – Happily Positive Music to Start The Day. Una conferma che, se i dati piacciono all’algoritmo, il pubblico arriva. Che poi l’autore sia un umano o un’intelligenza artificiale, sembra interessare sempre meno.

Anche piattaforme come Deezer hanno notato il fenomeno. Qui la band ha persino inserito un disclaimer che ammette l’uso di AI per la creazione di alcuni brani. Non un mistero, quindi, ma un esperimento artistico dichiarato, che gioca con i limiti della musica come forma d’identità e narrazione.

Intelligenza artificiale e musica rock: nuovo trend?

Non è la prima volta che la musica si affida all’intelligenza artificiale, ma è forse la prima volta che una band completamente generata ottiene questo tipo di successo nel panorama musicale. Il progetto non è un inganno, ma una riflessione, come spiegano gli stessi creatori nella bio ufficiale: “Non è un trucco — è uno specchio. Una provocazione artistica che sfida i confini di autorialità, identità e futuro della musica stessa”.

In un’epoca in cui le canzoni si scoprono attraverso le playlist e gli artisti diventano avatar digitali, The Velvet Sundown potrebbe essere solo il primo di molti esempi. E mentre alcune band umane si disperano davanti a queste novità, altri forse stanno già programmando la propria controfigura AI per tenere il palco al posto loro.

L’ascoltatore medio è pronto per le band sintetiche?

Certo, resta da chiedersi quanto di tutto questo rimarrà nel tempo. Il pubblico è curioso, Spotify premia la novità e l’algoritmo ama i numeri. Ma le emozioni? Il sudore? Le stecche in diretta e i concerti sotto la pioggia? Forse quelli sono ancora patrimonio dell’umanità.

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Oppure no. Forse anche quelle, presto, verranno simulate da una rete neurale ben addestrata. Ma almeno per ora, dietro il successo di The Velvet Sundown, c’è anche una buona dose di ironia e un messaggio chiaro: il futuro della musica non sarà solo fatto di corde pizzicate, ma anche di codici ben scritti. E magari di qualche buon vecchio riff… generato su prompt.

 

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