Shakespeare in wine: quando il teatro si ubriaca (con stile)
- Solo un attore ubriaco a rotazione per ogni spettacolo: gli altri restano sobri per garantire il controllo della scena
- Spettacoli improvvisati e irripetibili, con battute modificate e interazioni col pubblico
- Controllo rigoroso dell’alcol: non si promuove l’abuso, ma un uso responsabile e moderato
- Coinvolgimento diretto del pubblico, spesso chiamato sul palco per partecipare all’azione
- Successo crescente negli Stati Uniti, con sedi attive a New York e Chicago
Altro che “To be or not to be”: il dilemma adesso è “vino o birra?”. Dalla mente brillante (e lievemente brilla) della Drunk Shakespeare Society, compagnia teatrale con sede a New York e Chicago, nasce un format teatrale tanto assurdo quanto geniale: portare sul palco le opere di William Shakespeare interpretate da attori… alticci. E no, non è uno scherzo. Si chiama proprio Drunk Shakespeare, e la definizione calza a pennello: è il teatro classico che incontra la sbronza con stile, in un cocktail perfetto tra cultura e divertimento.
Ubriacarsi di Shakespeare… ma con moderazione
Il concetto può far storcere il naso ai puristi, ma l’idea è tutt’altro che una semplice provocazione. Ogni spettacolo della Drunk Shakespeare Society è pensato nei minimi dettagli, con un meccanismo preciso: solo uno degli attori beve realmente alcol durante la performance, mentre gli altri restano sobri per garantire equilibrio e fluidità alla rappresentazione.
Non si tratta di promuovere la sregolatezza o l’alcolismo da palcoscenico: l’intento, anzi, è proprio il contrario. Come ribadito più volte dal fondatore Scott Griffin, il messaggio è chiaro: “Bere con moderazione può essere anche divertente. Bere troppo, invece, rovina la vita”. Il tutto avviene in un contesto controllato, dove la quantità di alcol ingerita è monitorata e il benessere degli attori è al primo posto.
Lo spettacolo, dunque, non diventa una sbornia collettiva ma una performance teatrale alternativa, che regala ogni sera emozioni nuove proprio grazie all’imprevedibilità di un solo interprete ubriaco. Sì, perché a rotazione, ogni sera cambia l’attore che “alza il gomito”, trasformando Romeo in un brillante comico improvvisato, o Giulietta in una tragicomica diva da cabaret.
Un’esperienza teatrale coinvolgente (e delirante)
La parte davvero rivoluzionaria di questo format è l’interazione continua con il pubblico. L’attore alticcio diventa una sorta di mattatore ubriaco, capace di infrangere la quarta parete, coinvolgere gli spettatori e – perché no – invitarli anche sul palco. L’effetto? Una sorta di caos organizzato, tra battute stravolte, nomi storpiati e momenti di improvvisazione che strizzano l’occhio alla stand-up comedy.
Le tragedie diventano tragicommedie, le commedie esplodono in veri e propri show comici, e Shakespeare, da austero Bardo, si trasforma in un complice di brindisi e risate. Il tutto, però, senza mai perdere la qualità artistica della recitazione. Anzi, l’abilità degli attori – veri professionisti – sta proprio nel gestire l’imprevedibilità del collega brillo, mantenendo intatto lo spirito dell’opera originale e al tempo stesso aprendosi all’improvvisazione.
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A rendere il tutto ancora più affascinante è l’atmosfera informale, quasi da pub, che si respira in sala: il pubblico non assiste passivamente, ma diventa parte integrante dello spettacolo, in un’esperienza che travalica il classico concetto di teatro. Una sorta di Shakespeare immersivo, dove l’ebbrezza è più culturale che alcolica (anche se qualche bicchiere aiuta…).
Un format che conquista gli USA e incuriosisce l’Europa
Il successo della Drunk Shakespeare Society non si è fatto attendere: le due sedi americane fanno registrare il tutto esaurito con regolarità e il passaparola ha già valicato i confini degli Stati Uniti. In molti si chiedono se questo tipo di spettacolo possa trovare casa anche in Europa, magari adattando le opere di autori locali o – perché no – trasformando anche Goldoni o Pirandello in allegri compagni di bevute sceniche.
L’idea, in fondo, è tanto semplice quanto potente: rendere il teatro accessibile, spontaneo e coinvolgente, senza snaturarne l’anima, ma avvicinando un pubblico spesso intimorito dalle convenzioni culturali. E se serve un bicchiere di vino per farlo, ben venga. Come direbbe lo stesso Shakespeare: “Good wine is a good familiar creature, if it be well used”. Ecco, loro lo usano benissimo.

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- https://www.youtube.com/watch?v=G1fNl8P2qXg
- https://en.wikipedia.org/wiki/Drunk_Shakespeare