Builder.ai, la “finta IA” che sfruttava programmatori indiani
- ai si dichiarava startup IA, ma usava 700 sviluppatori umani
- L’azienda era sostenuta da Microsoft e fondi arabi
- I clienti credevano di interagire con un’assistente IA chiamata Natasha
- Scoperto il trucco dopo il ritiro dei fondi da parte di un creditore
- L’azienda ha dichiarato fallimento e licenziato oltre 1.000 persone
Nel mondo dell’innovazione, l’etichetta “IA” vale oro. Così tanto da spingere alcune aziende a far finta di averla. È il caso di Builder.ai, la startup londinese che prometteva sviluppo software automatizzato grazie a una sofisticata intelligenza artificiale. Peccato che il “cervello artificiale” fosse in realtà composto da circa 700 sviluppatori indiani in carne e ossa.
L’assistente virtuale Natasha, presentata come una soluzione AI in grado di creare app come si ordina una pizza, non era altro che un filtro elegante per mascherare un’operazione del tutto umana. La beffa è durata anni, con grandi investitori come Microsoft, SoftBank e il fondo sovrano del Qatar che hanno creduto nel progetto.
La startup IA si inceppa: verso la bancarotta
Nel 2023 la società aveva raccolto milioni, toccando una valutazione stellare da 1,5 miliardi di dollari. Ma l’illusione è crollata quando Viola Credit, uno dei principali finanziatori, ha ritirato 37 milioni per mancati pagamenti. Da lì, la macchina si è inceppata: stipendi bloccati, clienti infuriati, operatività ferma.
Le applicazioni “generate dall’IA” si rivelavano difettose, il codice era caotico e spesso inutilizzabile. Una situazione ben diversa da quella promessa nei pitch agli investitori. A peggiorare il quadro, l’azienda era già stata oggetto di indagini nel 2019, e nel 2024 il fondatore Dev Duggal era stato accusato di aver gonfiato i dati finanziari.
Debiti, inganni e una reputazione bruciata
Oggi Builder.ai è ufficialmente in fallimento. Oltre 1.000 dipendenti sono stati licenziati e la procedura di insolvenza nel Regno Unito è già stata avviata. Restano debiti pesanti: 85 milioni con Amazon e 30 milioni con Microsoft, che avevano puntato su un futuro brillante fondato sull’intelligenza artificiale.
A quanto pare, gran parte dei fondi dell’azienda era custodita in India. Parliamo di circa 13 milioni di dollari, attualmente bloccati da normative locali. Anche questo dettaglio alimenta i dubbi sulla trasparenza della gestione e sulla solidità del modello operativo.
Il caso Builder.ai scuote il mondo della tecnologia
Questo episodio non è solo un semplice fallimento imprenditoriale. È un campanello d’allarme per tutto il settore. La corsa all’intelligenza artificiale ha generato entusiasmo, ma anche scorciatoie pericolose. Etichettare come “IA” un lavoro interamente umano è una pratica scorretta, ma difficile da smascherare se non si entra nei dettagli.
Per mesi, i clienti sono stati convinti di parlare con un software. In realtà, dietro le quinte c’erano esseri umani sottopagati, costretti a rispettare tempi e standard imposti da una macchina che non esisteva. Un esempio lampante di come il marketing possa superare la realtà, almeno fino a che non arrivano i conti da pagare.
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Non tutto ciò che luccica è IA
Builder.ai è la prova che anche nel mondo tech, dietro un’interfaccia scintillante si può nascondere un sistema fragile e artificioso. In questo caso, il “trucco” è stato venduto così bene da convincere alcuni dei più grandi attori del settore. Ma la verità, come spesso accade, è venuta a galla nel momento peggiore. Per ora la startup si lecca le ferite, e il settore IA si interroga su come distinguere i veri innovatori dai maghi dell’apparenza. Una cosa è certa: vendere codice come se fosse una pizza non ha mai funzionato davvero.

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- https://finance.yahoo.com/news/builder-ais-shocking-450m-fall-170009323.html
- https://www.actuia.com/it/news/builderai-una-storia-di-successo-frenata-dalla-realta/