Vegetariani e vegani soffrono di depressione molto di più di chi mangia la carne

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Vegetariani e vegani soffrono di depressione molto di più di chi mangia la carne

| 04/09/2025

Vegetariani più tristi? Studio collega la dieta senza carne alla depressione

  • Uno studio su oltre 15.000 adulti ha rilevato che vegetariani e vegani soffrono più spesso di depressione
  • Le persone che non mangiano carne hanno mostrato il doppio dei casi depressivi rispetto agli onnivori
  • Lo studio ha utilizzato strumenti diagnostici validati per analizzare dieta e salute mentale
  • Non sono state trovate prove che le carenze nutrizionali siano l’unica causa della depressione
  • Gli esperti indicano anche l’isolamento sociale e i valori morali come possibili fattori

 

Mangiare verde fa bene all’ambiente, ma forse non sempre all’umore. È quanto emerge da uno studio pubblicato sul Journal of Affective Disorders, che ha analizzato oltre 15.000 persone tra i 35 e i 74 anni per indagare il legame tra dieta senza carne e depressione. Il risultato? Vegetariani e vegani riportano il doppio degli episodi depressivi rispetto agli onnivori.

Lo studio si è basato su due strumenti scientifici: il questionario FFQ per valutare la dieta abituale e il CIS-R per diagnosticare i disturbi mentali comuni. Una combinazione metodologica piuttosto solida, che ha portato alla luce un’associazione significativa tra l’eliminazione della carne e un maggior rischio di depressione.

Dieta senza carne e salute mentale

Prima di mettere la bistecca sul piedistallo, è bene precisare che i ricercatori non hanno stabilito una relazione causale tra dieta e depressione. In altre parole, non è detto che rinunciare alla carne faccia diventare tristi. Ma la correlazione c’è, ed è forte abbastanza da meritare attenzione.

Secondo gli autori, il legame non sembra spiegabile solo da carenze nutrizionali. Infatti, anche tenendo conto di fattori come stile di vita e livello socioeconomico, i vegetariani risultano più inclini agli episodi depressivi. E qui entra in gioco un ventaglio di possibili spiegazioni alternative.

Carenze vitaminiche e altri sospetti

Tra le ipotesi più concrete c’è quella legata alla carenza di vitamine e minerali. La vitamina B12, ad esempio, si trova quasi esclusivamente nei prodotti animali ed è fondamentale per la regolazione dell’umore e della funzione cerebrale. Anche lo zinco, presente nella carne rossa e nei crostacei, è implicato nella trasmissione neuronale e nella regolazione del cortisolo.

Il magnesio, essenziale per oltre trecento funzioni enzimatiche, può influenzare il sonno e la produzione di serotonina. E poi c’è il selenio, la cui carenza può provocare disfunzioni tiroidee e stress ossidativo, due elementi non proprio amici del buonumore. Tutti questi nutrienti sono meno presenti – o meno assorbibili – in una dieta interamente vegetale.

L’isolamento sociale può pesare

Ma non è solo una questione di vitamine. Secondo alcuni esperti, chi sceglie una dieta vegetariana o vegana può sperimentare un senso di isolamento sociale, soprattutto in contesti culturali dove la carne è ancora centrale.

La pressione sociale, la difficoltà di integrazione nei pasti collettivi e le eventuali motivazioni morali o religiose alla base della scelta alimentare potrebbero contribuire a una maggiore vulnerabilità psicologica. Non si tratta dunque di colpevolizzare chi sceglie una dieta vegetale, ma di prendere atto della complessità dei fattori coinvolti.

Serve più ricerca (e meno polemica)

Lo studio brasiliano invita alla prudenza: per quanto i numeri siano significativi, non bastano a stabilire un nesso causa-effetto definitivo. Sono necessari studi longitudinali per chiarire se è la dieta a incidere sulla depressione o se, al contrario, sono persone già predisposte a cambiamenti radicali (come eliminare la carne) a soffrire maggiormente.

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Nel frattempo, chi sceglie di eliminare la carne dalla propria alimentazione farebbe bene a farlo in modo consapevole, assicurandosi un apporto nutrizionale completo ed equilibrato. E magari anche un buon supporto sociale, perché a volte non è solo questione di cosa si mangia, ma anche di con chi si mangia.

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