Perché i video e le foto dolci di gatti e cani uniscono le persone?

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Perché i video e le foto dolci di gatti e cani uniscono le persone?

| 28/09/2025
Fonte: Pexels

Perché i video di gatti e cani ci fanno sciogliere?

  • Le foto e i video di animali teneri funzionano come strumenti di comunicazione affettiva e trasmettono emozioni tra le persone
  • Secondo uno studio, queste immagini diventano “vettori relazionali” che raccontano sentimenti personali come affetto o vicinanza
  • Il processo emotivo passa da immagine privata a emozione condivisa fino alla decontestualizzazione pubblica
  • I contenuti con animali stimolano la creazione di meme perché diventano codici comuni comprensibili a molti
  • Dietro questa dinamica c’è anche un forte risvolto economico, con animali trasformati in vere star dei social e brand globali

 

Scrollare il feed e imbattersi in un gattino che dorme o in un cane che si tuffa felice in acqua sembra una pausa di leggerezza nel mare di contenuti cupi del web. Ma dietro a quella che sembra una semplice dose di tenerezza quotidiana si nasconde un fenomeno sociale ben più complesso. Le foto e i video di animali non servono solo a farci sorridere, ma diventano veri e propri strumenti di comunicazione affettiva, capaci di dire a qualcuno un “ti voglio bene” senza neanche una parola.

Secondo lo studio pubblicato su Phys.org dai ricercatori Ghalia Shamayleh e Zeynep Arsel, la circolazione di immagini di animali online costruisce quello che viene definito un ponte emotivo. In pratica, non stiamo solo mostrando il nostro gatto sul divano: stiamo comunicando uno stato d’animo, un’emozione, un frammento della nostra vita quotidiana che diventa simbolico.

Foto di animali come linguaggio affettivo

Il primo passaggio individuato dallo studio è l’“indexicalization”, ovvero quando l’immagine rappresenta un pezzetto di noi. Mostrare il cane addormentato o il gatto che chiede coccole equivale a raccontare un nostro sentimento, come la voglia di tenerezza o il desiderio di vicinanza. A quel punto l’animale diventa portavoce delle nostre emozioni, anche senza rendersene conto.

Poi entra in gioco la reazione degli altri. Chi guarda la foto o il video percepisce quell’affettività e spesso la fa propria. Ecco che nasce un contagio emotivo che porta a commenti, condivisioni e a volte addirittura a trasformare quell’immagine in un meme. È il momento in cui qualcosa di personale diventa improvvisamente universale.

Dal privato al pubblico: quando il gattino diventa virale

Il terzo stadio, chiamato “decontextualization”, sancisce la trasformazione definitiva: la foto non è più solo nostra, ma di tutti. Diventa parte del linguaggio collettivo della rete, con un valore che va ben oltre l’intenzione iniziale di chi l’ha pubblicata. Quello che era un tenero momento casalingo si trasforma in un contenuto virale che appartiene al pubblico digitale.

Questa dinamica ha creato un vero e proprio ecosistema relazionale: i contenuti di animali sono ormai percepiti come veicoli di emozioni positive. In un’epoca in cui le notizie negative abbondano, un cucciolo che scodinzola riesce a far sembrare Internet un posto meno ostile. Ma non finisce qui.

Il lato economico degli animali star del web

Accanto al potere affettivo, esiste anche un risvolto che potremmo definire meno tenero: quello economico. Gli animali più popolari sui social non sono solo ambasciatori di emozioni, ma veri e propri brand. L’esempio citato nello studio è JiffPom, un Volpino di Pomerania che vanta oltre 30 milioni di follower complessivi tra TikTok, Instagram e Facebook. Un numero sufficiente per firmare partnership con marchi, lanciare merchandising e perfino libri e calendari. Il rischio, dunque, è che dietro alla tenerezza si nasconda una forma di sfruttamento emotivo.

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Gli utenti vedono un tenero cucciolo, ma spesso interagiscono con un contenuto studiato per generare engagement, like e soprattutto guadagni. Lo stesso meccanismo che ci fa sciogliere davanti a un video di animali è quello che alimenta un vero e proprio business globale. Lo studio di Shamayleh e Arsel mette così in luce un paradosso: le immagini degli animali sono ponti emotivi autentici, ma allo stesso tempo diventano strumenti di marketing potentissimi. Forse non c’è niente di male a sorridere davanti a un gattino, purché si sappia che dietro quelle zampette potrebbe esserci una strategia da manuale di economia digitale.

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