Quando l’intelligenza artificiale diventa troppo reale: la storia di Lucy e del suo volto “in affitto eterno”
- Una ragazza di 23 anni, chiamata Lucy, ha venduto i diritti del proprio volto per 1.500 sterline a un’agenzia di modelli IA
- Contattata su Instagram da uno scout, ha firmato un contratto che le ha fatto cedere permanentemente l’immagine
- L’offerta sembrava innocente: diventare modella digitale come le celebrità che promuovono avatar online
- Lucy ha poi scoperto che la clausola prevedeva l’uso illimitato e perpetuo della sua immagine, anche per fini non approvati
- La sua storia è ora raccontata in un documentario di Sam Tullen, che denuncia il vuoto legale dietro la corsa ai modelli IA
Ti lamenti della tua foto profilo venuta male? Immagina se non potessi mai più cambiarla. È più o meno ciò che è accaduto a Lucy, una ragazza britannica di 23 anni che ha venduto il suo volto per 1.500 sterline a un’azienda che crea modelli IA. Tutto è iniziato con un messaggio privato su Instagram: uno scout le propone di diventare “modella digitale”.
Incuriosita e attratta dalla cifra, Lucy accetta quasi subito. Del resto, se lo fanno anche personaggi come Kendall Jenner, cosa mai potrà andare storto? L’offerta suonava come una di quelle occasioni da raccontare agli amici. Ma, come spesso accade quando qualcosa sembra troppo bello per essere vero, la realtà è arrivata con un contratto pieno di asterischi e conseguenze permanenti.
L’inganno nascosto nel contratto: la cessione totale dei diritti d’immagine
La giovane firma senza pensarci troppo, salvo poi scoprire che quella firma vale più del suo stesso volto. Il contratto prevedeva la cessione totale e irrevocabile dei diritti d’immagine, permettendo all’azienda di usare il suo volto digitale per qualsiasi scopo pubblicitario, presente e futuro.
Lucy ha raccontato al Manchester Evening News: “È stato solo un primo contatto tramite messaggio privato da parte di uno scout che voleva usarmi come modella di intelligenza artificiale”. Un inizio casuale, quindi, trasformato in un incubo legale. Oggi non può sapere dove e come il suo volto verrà utilizzato: potrebbe comparire su un cartellone di moda o, peggio, in contesti con cui non vuole avere nulla a che fare.
Dal social network al documentario
La vicenda non è rimasta nell’ombra. Il regista Sam Tullen ha dedicato a Lucy un documentario di venti minuti girato a Manchester, con l’obiettivo di esplorare il fenomeno dei modelli IA e il pericolo della cessione dei dati personali. Secondo Tullen, casi come quello di Lucy sono ancora pochi, ma cresceranno presto: la tecnologia corre più veloce delle leggi.
Il documentario mostra come l’intelligenza artificiale si nutra letteralmente di “volti umani”, trasformandoli in prodotti digitali pronti per la pubblicità. Un paradosso perfetto dei nostri tempi: vendere la propria immagine a una macchina che non conosce né empatia né limiti etici.
Lezioni di futuro (e di prudenza digitale)
Lucy oggi è diventata, suo malgrado, un simbolo della fragilità dei diritti digitali. La sua storia invita a riflettere su quanto poco ci pensiamo prima di cliccare “accetto” o firmare un contratto online. Per 1.500 sterline, una cifra che copre appena un nuovo smartphone, ha perso per sempre il controllo sulla propria identità visiva.
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Il suo caso è un monito per tutti: nel mondo dell’intelligenza artificiale, anche il volto può diventare una merce senza scadenza. E forse, prima di “vendere la propria immagine”, dovremmo chiederci se il prezzo valga davvero la permanenza digitale. Perché, come dimostra Lucy, a volte è meglio una brutta foto che una vita intera con un volto in leasing.

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