Così parlò l’Accademia della Crusca
- L’Accademia della Crusca ha detto la sua all’eterna diatriba tra asterischi sì o no e schwa sì o no
- Secondo i custodi della nostra lingua non c’è spazio nella grammatica per questi segni fonetici “fuori luogo”
- Sarebbero infatti solamente frutto di una “radicalizzazione legata a mode culturali”
- No anche alla reduplicazione retorica (“cari amici e care amiche”)
- Meglio invece seguire “forme neutre o generiche”
Il politically correct ormai è ovunque, anche nella grammatica. Anzi: nella grammatica italiana non più. L’Accademia della Crusca è infatti uscita allo scoperto e ha finalmente posto fine all’eterna diatriba: asterischi sì, asterischi no? Schwa sì o schwa no? Chi è favorevole sostenibile che bisognerebbe innovare la lingua italiana (da sempre maschilista) per farla guardare più all’inclusività. Dall’altra chi è contrario sostiene che la nostra grammatica è così dai tempi di Dante e dunque perché distorcerla per una parità di genere che certo non si ottiene in questo modo?
Come detto, però, l’Accademia della Crusca è corsa in nostro soccorso. Chi ha “vinto”? A quanto pare gli esperti custodi della nostra lingua hanno fatto prevalere la linea conservativa. Più che la decisione, sono le motivazioni a tenere banco. Secondo il parere dell’illustra Accademia, infatti: “I principi ispiratori dell’ideologia legata al linguaggio di genere e alle correzioni delle presunte storture della lingua tradizionale non vanno sopravvalutati, perché sono in parte frutto di una radicalizzazione legata a mode culturali”.
No anche alla reduplicazione retorica
Insomma, la Crusca ha deciso di “toccarla piano”, come si suol dire, pur riconoscendo che “queste mode hanno d’altra parte un’innegabile valenza internazionale, legata a ciò che potremmo definire lo ‘spirito del nostro tempo’, e questa spinta europea e transoceanica non va sottovalutata”. Tuttavia non c’è spazio per asterischi e schwa che anzi vengono definiti come segni fonetici “fuori luogo”. Sempre l’Accademia sostiene come sia “da escludere da escludere nella lingua giuridica l’uso di segni grafici che non abbiano una corrispondenza nel parlato, introdotti artificiosamente per decisione minoritaria di singoli gruppi, per quanto ben intenzionati. Va dunque escluso tassativamente l’asterisco al posto delle desinenze dotate di valore morfologico (‘Car* amic*, tutt* quell* che riceveranno questo messaggio…’). Lo stesso vale per lo scevà o schwa”.
Leggi anche: “Ghostare” entra a far parte del nostro linguaggio: l’Accademia della Crusca ufficializza il termine
E non solo: ce n’è per tutti, anche per la “reduplicazione retorica, che implica il riferimento raddoppiato ai generi”. Che significa? Vuol dire no anche alle espressioni “care italiane e cari italiani” o “amiche e amici”. Per quanto sia ritenuto legittimo far sentire rappresentati nella lingua tutti i generi e gli orientamenti, meglio seguire “forme neutre o generiche”. Di contro, per garantire la rappresentatività di genere meglio “far ricorso in modo sempre più esteso ai nomi di professione declinati al femminile”, come “architetta, sindaca, magistrata” e così via. Infine la Crusca ritiene “discriminatorio e offensivo nonché scarsamente fondato” il fatto di mettere l’articolo davanti a persone note “la Meloni”, “la Schlein”. Nonostante questo, dato che “l’opinione si è diffusa nel sentimento comune, il linguaggio pubblico ne deve tenere conto”.

La redazione di commentimemorabili.it si impegna contro la divulgazione di fake news. La veridicità delle informazioni riportate su commentimemorabili.it viene preventivamente verificata tramite la consultazione di altre fonti.
Questo articolo è stato verificato con:
- https://www.notiziariodelweb.it/asterischi-e-schwa-bocciati-accademia-della-crusca/
- https://www.open.online/2023/03/20/accademia-crusca-vs-asterischi-schwa-politically-correct/
- https://www.repubblica.it/cronaca/2023/03/20/news/crusca_schwa_femminile_professioni_parita_genere-392974712/