Avvelena le bevande di una collega per mesi perché prende di più

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Avvelena le bevande di una collega per mesi perché prende di più

| 15/05/2025
Fonte: Pexels

L’avvelenamento è stato scoperto grazie a una telecamera nascosta

  • Una donna polacca di 56 anni ha avvelenato sistematicamente le bevande di una collega
  • La vittima ha iniziato a sentirsi male e ha deciso di indagare
  • Ha installato una telecamera nascosta scoprendo la collega mentre contaminava tè e Coca-Cola
  • La polizia ha arrestato l’autrice e una complice che era al corrente dei fatti
  • L’avvelenatrice rischia 20 anni di carcere, la complice fino a 3 anni

 

Lavorare in un ufficio può essere stressante, ma pochi si aspettano che tra i rischi professionali ci sia anche… l’avvelenamento da . È quanto successo in un edificio di Varsavia, dove una tranquilla pausa caffè si è trasformata in un incubo a puntate degno di una serie crime. La protagonista? Una cinquantaseienne polacca con un evidente problema di gestione della rabbia e troppo facile accesso ai detergenti industriali.

La vittima, una collega di 51 anni, ha cominciato a sospettare qualcosa quando il suo stomaco ha iniziato a protestare più del solito. Pensava fosse colpa dello stress, dei turni massacranti o magari del solito panino triste della pausa pranzo. Ma quando i sintomi si sono fatti più seri, ha deciso di consultare un medico. La diagnosi? Lesioni interne compatibili con l’ingestione di sostanze tossiche.

Avvelenamento sul lavoro: tè, soda e mistero

Dopo aver ricordato il sapore sospetto del suo tè, la donna ha pensato bene di rivolgersi alla polizia. Ma si sa, senza prove nemmeno Sherlock Holmes può fare molto. Così ha deciso di installare una telecamera nascosta nel suo spazio di lavoro e… colpo di scena: la collega che versava amorevolmente il detersivo nella sua tazza era proprio la cinquantaseienne con cui aveva avuto qualche screzio.

Ma non è finita. La “serial spruzzatrice” era in telefonata con un’altra collega, 68enne, che ascoltava la scena con più entusiasmo di un podcast di true crime. La donna sapeva tutto ma non ha mai detto nulla, perché in fondo, tra colleghi, la solidarietà è tutto… tranne quando qualcuno ti versa il Vetril nel tè.

Colleghe velenose e vendette da ufficio

L’indagine della polizia ha portato all’arresto immediato della donna ripresa in flagranza, e alla denuncia della complice silenziosa. Motivo dell’avvelenamento? Malanimo, gelosia e una probabile intolleranza alle buone maniere. Pare infatti che la vittima avesse un ruolo leggermente più alto all’interno dell’azienda. Niente che giustifichi una guerra chimica, ma abbastanza per scatenare piccole vendette a base di corrosivi.

Le due donne rischiano pene molto diverse: fino a 20 anni per chi ha materialmente contaminato le bevande, e fino a 3 anni per chi ha fatto finta di nulla. Intanto, l’intero caso è diventato un monito per tutti quelli che pensano che l’unico pericolo sul lavoro siano le email senza oggetto.

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Lezioni da imparare (e tazze da controllare)

Mentre le autorità continuano a indagare sull’eventuale coinvolgimento di altri colleghi, il caso ci ricorda che forse è il momento di riconsiderare le dinamiche in ufficio. Sì, l’ambiente lavorativo può essere competitivo, ma tra una promozione e un tè avvelenato c’è una sottile ma fondamentale differenza. Morale della favola? Fidarsi è bene, ma controllare la propria tazza è decisamente meglio. E se il tè ha un retrogusto di disinfettante… beh, forse non è solo il nuovo blend alla lavanda.

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