Né con la logica, né con le buone intenzioni: il cambiamento arriva solo toccando il fondo

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Né con la logica, né con le buone intenzioni: il cambiamento arriva solo toccando il fondo

| 22/05/2025
Fonte: Pexels

Gli studi dimostrano che la paura del cambiamento è più potente della permanenza in situazioni tossiche

  • Secondo diversi studi il dolore emotivo è l’unica spinta autentica al cambiamento
  • Spesso si è più disposti a restare in una situazione di dolore conosciuta che avventurarsi in un cambiamento sconosciuto, anche se potesse comunque portare dei vantaggi
  • Le persone cambiano raramente per logica o buone intenzioni, ma piuttosto quando il dolore che ha dentro diventa insostenibile
  • Il cervello si abitua a dosi di dolore sempre maggiori riconoscendole come familiari, fino a quando la situazione non diventa catastrofica
  • È possibile però imparare a riconoscere i primi segnali di disagio e dolore affinché non degenerino in maniera irreversibile

 

Il cambiamento personale è spesso visto come una scelta razionale o il risultato di un momento di ispirazione, ma la realtà è che molte trasformazioni importanti avvengono solo quando si tocca il fondo.

Il dolore emotivo è la vera spinta al cambiamento

Le ricerche in psicologia mostrano uno schema chiaro: non sono la logica o le buone intenzioni a guidare la trasformazione, ma il dolore. Che si tratti di abbandonare una relazione tossica, di rompere un’abitudine distruttiva o di chiedere finalmente aiuto, il vero cambiamento arriva solo quando il dolore diventa così insostenibile che supera la paura del cambiamento.

Non cambiamo perché aspiriamo ad un miglioramento nella nostra vita, ma perché “non sopportiamo più la pressione” di una determinata situazione. Secondo gli studi il dolore è una potente spinta al cambiamento. La teoria della prospettiva di Kahneman e Tversky dimostra che le persone sono due volte più motivate a evitare una perdita che a perseguire un guadagno, spiegando così la resistenza al cambiamento anche in condizioni dannose.

Quando la sofferenza diventa abitudine

In pratica si è spesso più disposti a restare in una situazione di dolore conosciuta che avventurarsi in un cambiamento sconosciuto, anche se questo comportasse dei vantaggi. Il disagio di provare qualcosa di nuovo spesso sembra più rischioso che restare fedeli a ciò che ci è familiare, anche se questo ci causa profonda sofferenza.

Non è la mancanza di informazioni a bloccare il cambiamento, ma l’assenza di urgenza e coinvolgimento emotivo. Il cervello si abitua a dosi di dolore sempre maggiori riconoscendole come familiari, fino a quando la situazione non diventa catastrofica. Si spera poi, con una malsana vena di ottimismo, che prima o poi magicamente arriverà il cambiamento senza doversi impegnare seriamente. Ma il cambiamento che cerchiamo all’esterno spesso deve partire da dentro: dalle nostre convinzioni, dalla nostra prospettiva e dalle nostre azioni. dolore emotivo non è una punizione, quanto piuttosto un segnale che indica un pericolo e che spinge per un cambiamento prima che il danno sia irreparabile. Solo quando la situazione diventa talmente dolorosa da diventare insopportabile, allora scatta il desiderio di allontanarsi e di cambiare.

Riconoscere i segnali del disagio

È possibile però imparare a riconoscere il disagio fin dai primi primi segnali, affinché non degeneri in maniera irreversibile. Per fare ciò è utile tenere un diario quotidiano in cui annotare gli episodi spiacevoli che si vivono ad esempio con il partner, al lavoro, nelle relazioni sociali. In questo modo si riesce a monitorare la situazione e a notare quando il disagio aumenta di frequenza o intensità.

Prima si reagisce al proprio malessere e più piccoli e facili saranno i cambiamenti da apportare nella propria vita. Attendere che il dolore si accumuli e che arrivi una forte crisi costringe poi ad evoluzioni drastiche e potenzialmente dannose per la persona.

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Il dolore quindi non va evitato, ma ascoltato. Esso è un alleato che segnala quando è il momento di agire, ben prima che le conseguenze diventino irreparabili. Cambiare non significa aspettare di toccare il fondo, ma imparare a rispondere ai primi segnali di malessere interiore.

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