Perché l’odore in piscina inganna e come proteggersi dalle cloroammine
- L’odore pungente in piscina non è cloro ma cloroammine, frutto di reazioni con sudore, urina o impurità
- Le cloroammine non indicano acqua pulita, ma minore qualità igienica
- Possono provocare irritazioni a occhi, pelle, gola e problemi respiratori nei soggetti sensibili
- Il rimedio è la clorazione shock e un’adeguata filtrazione per ripristinare il giusto livello di cloro libero
- Doccia, igiene personale e ventilazione riducono i rischi per bagnanti e personale
Quando entri in piscina e ti accoglie quell’odore chimico che sembra sinonimo di igiene, la tentazione è pensare: “Ottimo, qui il cloro lavora a pieno ritmo”. Peccato che la realtà sia meno rassicurante. Quel sentore non è cloro fresco di disinfezione, ma cloroammine, composti che nascono dall’incontro non troppo romantico tra cloro e sostanze organiche come sudore, urina o creme.
Il risultato? Non acqua cristallina e sicura, ma una miscela che segnala un calo della qualità igienica. In particolare, le principali imputate sono la dicloramina e la tricloramina, due sostanze che i nostri polmoni e occhi non amano affatto.
Cloroammine in piscina e rischi per la salute
A differenza del cloro libero, capace di neutralizzare batteri e virus, le cloroammine non fanno bene alla salute dei bagnanti. Possono causare irritazioni agli occhi, bruciori alla pelle e persino fastidi respiratori. Nei soggetti più sensibili, l’esposizione a concentrazioni elevate può provocare tosse o peggiorare sintomi asmatici.
Il problema diventa ancora più serio quando parliamo di piscine coperte e poco ventilate. Qui i valori possono schizzare oltre i limiti raccomandati: se il livello di sicurezza è fissato a 0,3 mg/m³, in certi impianti si è arrivati a 4 mg/m³, una cifra che rende l’aria tutt’altro che piacevole da inspirare.
Come intervenire con le cloroammine
Quando le cloroammine diventano troppe, non basta un’aggiustatina di routine. L’unico intervento efficace è la clorazione shock: una dose extra di cloro libero, pari a dieci volte la quantità necessaria per neutralizzare i composti indesiderati. Dopo questo trattamento, serve un lungo ciclo di filtrazione di almeno 24 ore per riportare l’acqua a livelli sicuri e accettabili, con cloro libero intorno a 1,5 ppm.
È un’operazione straordinaria che comporta costi e tempi, ma è l’unico modo per restituire una vasca davvero sicura agli utenti. Senza, il rischio è che i bagnanti continuino a respirare sostanze irritanti con la falsa convinzione di essere immersi nella purezza.
Piscina e prevenzione: cosa possono fare i bagnanti
Non tutto, però, dipende dal gestore. I nuotatori hanno un ruolo fondamentale nel ridurre la formazione di cloroammine. Fare la doccia prima di entrare è la regola base: sudore, residui di creme e impurità sulla pelle diventano infatti materia prima per questi composti. Anche entrare senza trucco o lozioni recenti può fare la differenza.
La raccomandazione più ovvia ma spesso ignorata? Non urinare in vasca. Quel gesto apparentemente “invisibile” è in realtà uno dei principali colpevoli della comparsa di cloroammine. Un piccolo atto di civiltà può rendere l’acqua più sicura per tutti.
Ventilazione e qualità dell’aria nelle piscine coperte
Quando la piscina è al chiuso, non basta la chimica. Un sistema di ventilazione adeguato è indispensabile per evitare che i vapori delle cloroammine ristagnino sopra la superficie dell’acqua. Il ricambio d’aria tutela i bagnanti e anche il personale che lavora nell’impianto, spesso esposto più a lungo.
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L’odore pungente che associavi al cloro è dunque in realtà un campanello d’allarme. Sapere riconoscerlo, adottare buone abitudini igieniche e pretendere impianti ben gestiti è la vera garanzia di sicurezza. La prossima volta che senti quell’aroma intenso, ricorda: non è un segno di pulizia, ma un invito a fare attenzione.

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