Perché la presenza di aree verdi ci fa stare bene

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Perché la presenza di aree verdi ci fa stare bene

| 20/03/2024
Fonte: Pixabay

Uno studio ha rivelato che se in un dato ambiente la vegetazione è scarsa o scompare, la mente innesca risposte psicologiche negative

  • Quando in un ambiente la vegetazione si riduce, si innesca negli esseri umani una sensazione di degrado che può portare a sentimenti depressivi
  • La scomparsa della vegetazione nell’evoluzione umana significava meno piante commestibili con una conseguente riduzione anche degli animali erbivori
  • La mancanza del verde porta a considerare l’ambiente estremamente inospitale per la sopravvivenza e la riproduzione dell’uomo
  • Tristezza e depressione potrebbero essere nate come un adattamento degli uomini all’ambiente circostante
  • La continua perdita di spazi verdi, in particolare negli ambienti urbani, può avere gravi effetti sulla salute e sul benessere dell’uomo

 

È ormai risaputo che stare all’aria aperta fa bene alla salute mentale. Ma ora un nuovo studio, pubblicato sulla British Ecological Society, ha proposto una nuova teoria chiamata “ipotesi del verde” secondo cui il bisogno di spazi verdi sarebbe radicato nell’evoluzione dell’uomo.

Le risposte della mente all’assenza del verde

Lo studio, realizzato da ricercatori dell’Università di Chiba e dell’Università di Tokyo, in Giappone, riferisce che quando la vegetazione scompare o si riduce nei periodi di siccità, si innesca negli esseri umani una sensazione di degrado che può portare a risposte psicologiche negative, fino a suscitare sentimenti di depressione. Quando però la vegetazione torna rigogliosa, la mente riprende ad avere un atteggiamento più positivo.

La scomparsa della vegetazione nell’evoluzione umana non significa solo l’esaurimento delle piante commestibili, ma anche una riduzione dell’acqua disponibile e degli animali che si nutrono delle piante. Di conseguenza, la scomparsa del verde crea un ambiente estremamente inospitale per la sopravvivenza e la riproduzione dell’uomo. Gli scienziati ipotizzano che la comparsa di tristezza e sintomi depressivi potrebbe essere stata nel corso dell’evoluzione un adattamento all’ambiente. Alterando l’umore si riducono al minimo o si sopprimono del tutto le proprie attività, fino all’arrivo della stagione delle piogge dove concentrare le proprie energie.

L’interazione costante dell’uomo con la natura

«Queste risposte psicofisiologiche dovevano essere cruciali per la sopravvivenza durante le fluttuazioni ambientali che gli uomini hanno sperimentato in ambienti adattativi evolutivi» si legge nello studio.

Nel corso della storia l’uomo ha sempre interagito con la natura e portato gli spazi verdi nelle aree urbane. Ad esempio i giardini sono sempre esistiti in ogni civiltà antica, coì come coltivare e avere piante all’interno di case è un hobby diffuso in tutto il mondo.

«Tuttavia, nelle moderne società urbanizzate con vegetazione limitata, si possono avere effetti negativi come aumento dello stress e della depressione poiché si crea una discrepanza tra il nostro passato evolutivo e l’attuale evoluzione culturale. Crediamo che questa ipotesi possa fornire preziosi approfondimenti sulla comprensione di come gli esseri umani rispondano psicologicamente all’esposizione alla natura, con implicazioni per campi come la psichiatria, la pianificazione urbana e la conservazione della biodiversità», affermano gli scienziati.

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In base anche a ricerche precedenti sugli effetti della natura sugli esseri umani, si deduce che la continua perdita di spazi verdi, in particolare negli ambienti urbani, possa avere gravi effetti sulla salute e sul benessere dell’uomo. Gli scienziati sperano che lo studio aiuti a prendere consapevolezza e a incrementare gli sforzi per una maggiore presenza di aree verdi nelle zone urbane.

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