Vuoi un visto studentesco per gli Stati Uniti? Dovrai rendere pubblici i tuoi profili social

Rebecca Manzi

Vuoi un visto studentesco per gli Stati Uniti? Dovrai rendere pubblici i tuoi profili social

| 03/08/2025
Fonte: Pexels

Studiare negli USA? Prima mostra i tuoi social, poi forse il passaporto

  • Gli USA riattivano la procedura per i visti studenteschi con una nuova regola
  • I richiedenti dovranno rendere pubblici i propri profili social
  • I funzionari controlleranno post, commenti e attivismo online
  • La misura punta a identificare contenuti ostili verso cultura e istituzioni USA
  • Le critiche parlano di censura e minaccia alla libertà di espressione

 

Negli Stati Uniti riaprono, almeno formalmente, le procedure per ottenere un visto studentesco. Ma per chi sognava Harvard o la West Coast, c’è una novità che non farà saltare di gioia: ora serve mostrare anche i propri profili social. Non per fare amicizia, ma per farsi controllare per bene dal Dipartimento di Stato, che cercherà indizi di ostilità verso tutto ciò che è a stelle e strisce.

L’annuncio è arrivato il 18 giugno 2025, con tanto di direttiva esclusiva recuperata dalla stampa americana. Il senso? Se vuoi mettere piede in un campus statunitense, devi prima dimostrare di non avere opinioni troppo accese online. E no, non basta cancellare vecchi post: i funzionari daranno un’occhiata anche a quello che è rimasto nell’ombra digitale.

I social diventano documenti d’identità digitali

La nuova policy prevede che i profili online siano “pubblici”, altrimenti si rischia di apparire sospetti. Come dire: chi non ha niente da nascondere, apra subito Instagram e Twitter. O meglio, X. E chi invece ha scritto qualcosa di critico sul governo americano o, peggio, ha sostenuto cause considerate problematiche, si prepari a una revisione supplementare. Tradotto: il visto potrebbe diventare un miraggio.

Nel mirino ci sono anche i contenuti ritenuti antisemiti o a favore di gruppi terroristici, con riferimento esplicito ad Hamas. Ma la soglia è labile, e così anche una presa di posizione politica potrebbe costare cara. Per i funzionari non si tratta solo di un controllo, ma di una vera analisi del comportamento digitale. E se il profilo mostra troppo attivismo, anche pacifico, il passaporto può restare nel cassetto.

La cultura del sospetto e le reazioni

Oltre a Facebook, X, TikTok e compagnia, saranno consultate anche fonti aperte, motori di ricerca, articoli e qualsiasi cosa pubblicamente disponibile. Tutto in nome della sicurezza, naturalmente, ma non mancano le critiche. Le associazioni per i diritti civili parlano di censura preventiva e attacco alla libertà d’espressione. Il primo emendamento della Costituzione USA, insomma, vacilla sotto la lente d’ingrandimento consolare.

Molti vedono nella nuova procedura un modo per selezionare gli studenti in base all’ideologia. La linea tra sicurezza e selezione politica, d’altra parte, non è mai stata così sottile. E mentre il Dipartimento di Stato taceva sulla questione fino al giorno prima dell’annuncio, ora gli studenti si trovano davanti a una scelta: trasparenza totale o niente visto.

Appuntamenti in ambasciata? Ancora tutto fermo

E come se non bastasse, nonostante la riapertura dichiarata, non risultano ancora disponibili appuntamenti nei consolati italiani. I candidati aspettano, ma intanto l’orologio accademico corre. Chi sperava di preparare i bagagli per settembre ora si trova a dover ripulire la propria cronologia social e sperare di non aver mai messo un like sospetto.

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In attesa che vengano pubblicati nuovi slot, migliaia di studenti restano con il fiato sospeso. Non solo per la burocrazia, ma per la consapevolezza che ogni contenuto online passato potrebbe influire sul loro futuro. Benvenuti nell’era del controllo consolare 2.0, dove anche i meme potrebbero avere conseguenze.

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